Lavezzi calciatore rockstar L'intervista al Pocho realizzata da Sportweek. Il magazine punta sul pocho. «Vorrei un giorno, uno solo, di normalità. Qui non è facile. Se mi sento un po' napoletano? No, sono argentino, orgoglioso di esserlo»
12 Marzo 2012 -- NAPOLI - Lavezzi superstar. L'attaccante azzurro, che anche col Cagliari ha dimostrato di aver trovato la (smarrita) via del gol , è l'uomo copertina di Sportweek. Una lunga intervista firmata da Fabrizio Salvio e tante foto nella sua villa a Marechiaro per descrivere l'uomo Lavezzi prima che il calciatore. Parla della separazione dei suoi genitori: «Uno capisce certe cose quando diventa adulto. Nel caso dei miei, ho capito che non andavano d’accordo e che quindi era giusto prendessero ciascuno la sua strada. Lo stesso è capitato tra me e la madre di mio figlio Tomas, che soffre per questo. Ma ogni giorno che passa diventa più grande, e ciò lo aiuta a capire. Mio padre non è mai stato a una mia partita. Ha un’altra famiglia, un altro figlio. Ha la sua vita. Ma andiamo d’accordo». Il pocho poi ricorda per l'ennesima volta che il suo soprannome non vuol dire "fulmine". «Deriva da Pocholo, il nome del cane che avevo da bambino».
«IL CALCIO NON È LA COSA PIU' IMPORTANTE» - Gli studi. «Fino al terzo anno della scuola secondaria (il nostro liceo; ndr). Me ne mancano due per finire».
Lavezzi su Sport Week
Tanti dicono: "per essere Messi gli manca il gol, ne sbaglia davvero troppi". Risposta: «Lui ha le sue caratteristiche, io le mie. E comunque non ho mai cercato di assomigliare o di diventare uguale a un altro. Più che la gloria, io nel calcio cerco altro: imparare tante cose, crescere come persona». Poi un'ammissione: «Il denaro serve, ma la vittoria più importante e difficile da ottenere nella vita è salire nella scala sociale. A me interessa questo. Il calcio non è la cosa più importante della mia vita. Serve a renderla migliore, la mia vita».
«MAI STATO AL CASTEL DELL'OVO» - La cultura. «Non sono uno che si interessa di arte, di pittura. Ma amo viaggiare e conoscere città e persone nuove». E i luoghi del cuore. «Parigi: bellissima. E Barcellona. Anche Napoli è molto bella, ma per noi calciatori è difficile visitarla a fondo». E su quest'affermazione si riapre l'annoso dibattito: i calciatori del Napoli sono spesso stritolati dal troppo amore dei tifosi che gli impedisce di muoversi liberamente...«Non sono mai stato al castel dell'Ovo. No, anzi, una volta. Per la presentazione di un motorino (ride). E nemmeno sono stato a Pompei. È che vorrei un giorno, uno solo, di normalità. Mi basterebbe. Vorrei uscire per una volta come una persona qualunque, prendere un caffè, fare una passeggiata con la mia donna, portare mio figlio al cinema senza bisogno di camuffarmi. Nascondermi. Scappare». Quindi niente più caffè al bar Cimmino di via Petrarca («ci andavo prima, quando abitavo in zona») né spesa alla Conad in via Orazio («Provvede la signora che aiuta in casa, o il mio uomo di fiducia… Ogni tanto ci penso io, ma a orario di chiusura, quando non c’è quasi nessuno»). Per non parlare della vita sociale, della possibilità di uscire la sera. «Yanina, la mia compagna, ha diritto a vivere la sua vita. La sera usciamo, ma tante volte neanche mi diverto. È che non so cosa fare. Se resto in un posto 20 minuti, diranno che ci ho passato 2 ore. Se bevo una birra, diranno che sono state 10. Se torno a casa all’una di notte, diranno che ho tirato le 4».
LA VILLA A MARECHIARO GABBIA DORATA - «Vede quella scaletta di pietra che porta alla spiaggetta là in fondo? - dice Lavezzi all'intervistatore - Da terra, è accessibile solo a chi vive qua. Da mare, però, chiunque può avvicinarsi. Ecco perché io non scendo mai a fare il bagno. E nemmeno mi affaccio alla finestra: ogni volta, sono urla e richieste di autografi, foto, magliette».
«TIFOSI ALL'ASSALTO' NON SEMPRE È PIACEVOLE» - - Ricorda quella volta in cui è scappato da una assalto dei tifosi nel bagagliaio dell'auto di un compagno. Come una rockstar. «Ti abitui, a vivere così. Non posso dire che sia bello tutti i giorni. C’è la volta in cui sono nervoso e non ho voglia che i tifosi mi vengano addosso per una foto o un autografo. Mi sforzo, ma forse non riesco sempre a fare il simpatico».
«MI PIACE ALZARMI TARDI» - La giornata tipo extra-sportiva. «Quando posso, mi sveglio il più tardi possibile. Faccio colazione col mate, una specie di tisana alle erbe argentina. Dopo l’allenamento torno a casa: musica – rock ma anche cumbia del mio Paese – pochissima PlayStation…La sera mangio spesso fuori. I miei ristoranti? Il Faretto, Cicciotto, Regina Margherita…Certo, telefono prima. Passo da un’entrata riservata. E ho una saletta per me. Se resto a casa, cucino io l’asado, la carne argentina, per amici e compagni di squadra».
«TOMAS POSSO VEDERLO 3 VOLTE L'ANNO» - L'adorato figlio Tomas che posto ha nella sua vita? “Lo vorrei sempre qui. A maggio compie sette anni. È appena stato a Napoli per una decina di giorni, ma vive con la madre. Secondo gli accordi, posso vederlo tre volte l’anno qui da me, più le volte che vado io in Argentina. Lui è come me: di poche parole. Certe volte lo chiamo e mi dice: papà, oggi non ho voglia di parlare». È argentino, non può mancare una domanda su Diego Armando Maradona, già re di Napoli. «Per me è quello che è per tutti gli argentini: un idolo. La sua maglia numero “10″? Mi tengo la mia “22″. Voglio essere ricordato come Lavezzi, non come uno che ha ereditato la maglietta di Diego».
TRASFERIRSI A MILANO - Andrebbe a Milano? «A Napoli sto bene e sono contento dell’affetto della gente. Se un giorno dovessi andare da un’altra parte, le potrò dire se qui era meglio o peggio». Sportweek infine porge l'ultima domanda a cui Lavezzi risponde senza ipocrisie. «Se mi sento un po’ napoletano? No. Non mi sento napoletano. Se dicessi il contrario, sapendo che non è vero, mancherei di rispetto ai napoletani. Io sono argentino, orgoglioso di esserlo. Ma lo sono anche di giocare nel Napoli».
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