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02 Dicembre 2008 -- Oltre Manica, oltre il lecito, ben oltre la realtà, dunque solo nella fantasia: «A Napoli sto bene, mi piace la città e questa squadra. Io resto qua. Si sta meglio che in Inghilterra» . Il pocho che non t’aspetti è un cucchiaio made in Italy, è una finezza per Maradona, è una dedica per quella Napoli nella quale tutto si sa di lui: « Città splendida » . Il pocho milleusi, tornante offensivo e seconda punta, dribblomane e goleador, è una promessa impregnata d’amore verso quella Napoli pazza per Lavezzi: « Il mio futuro dipende dalla società, io ho un contratto. Ma qui sto benissimo » . Inter- Napoli è una graffio sulla pelle del campionato partenopeo, ma il balsamo che cura la terza sconfitta di novembre e quel quarto posto in solitudine che al pocho del Meazza ha lasciato l’energia per vincolarsi ulteriormente a quell’angolo di Paradiso in cui c’è una divinità e un idolo, un totem e un profeta: «Qui mi sento importante» . Inter 2 Napoli 1, ma l’eco del dopopartita è più deflagrante del tonfo della partita e quel che resta di San Siro e di un pomeriggio in chiaroscuro è quel testamento per il San Paolo, indotto a fasciarsi nell’ottimismo più acuto: « Siamo una squadra giovane e per questo inesperta. Ma stiamo crescendo bene e ciò fa sperare. Siamo quarti ma possiamo migliorare: servirà esperienza e tempo, è chiaro. Ma siamo tra le grandi del calcio italiano e vogliamo rimanerci».
Intoccabile - C’è un’Inghilterra che lo reclama a ritmo di blues, con inviati speciali che si muovono ogni domenica e relazioni che si accavallano negli uffici del Chelsea; c’è una Napoli che lo ha ormai sedotto e refrain che rappresentano la colonna sonora dei giorni trascorsi e di quelli che verranno: « I nostri gioielli non sono in vendita» . C’è un pocho che segna a ritmo da bomber (quattro reti, più l’autogol procurato a Roma con la Lazio, in undici partite), c’è un pocho che incanta (gol di potenza a Marassi, contro il Genoa; di rapina al San Paolo contro la Juventus; di talento su punizione con il Cagliari; di classe a San Siro contro l’Inter); c’è un pocho che sbanca e che si tira fuori dal mercato, quando il gioco comincia a farsi duro e i ricchi vorrebbero cominciare a giocare quadruplicando quei cinque milioni e mezzo spesi da Marino per acquistarlo: « Qui si sta meglio che in Inghilterra » . E’ sempre il Lavezzi- day, nelle vittorie entusiasmanti con Madame e nelle prevedibili sconfitte con la Beneamata, è c’è un tormentone che annuncia mesi roventi di ammiccamenti ed insidiose avances destinate ad arenarsi tra Posillipo e Marechiaro, residenza d’un loco ormai cittadino onorario di una Napoli vissuta come una seconda Patria.
Il Lavezzi che a Milano s’è concesso persino il lusso del cucchiaio, dopo aver lasciato sul posto un bel po’ della sua Argentina raffigurata da Samuele e Javier Zanetti, è la nuova bandiera di un Napoli che è uscito da San Siro sconfitto ma non ridimensionato, è il leader silenzioso d’un gruppo-baby e dunque da svezzare con colpi di genio ma anche d’ironia: «Ho segnato con il Genoa e non è servito; ho segnato al Cagliari ed abbiamo solo pareggiato; ho segnato con l’Inter ed abbiamo perso: magari se la smetto di segnare riusciamo anche a vincere. Guardiamo avanti, intanto. Ma io qui sto bene» . E’ sempre il giorno di Lavezzi.
Antonio Giordano
C.d.S.