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09 Ottobre 2008 -- Avendolo visto, prima di ieri, solo in tv, ci saremmo aspettati un tipo un po’ più basso, dallo sguardo duro, un po’ Cordoba, un po’ Gentile, uno che mastica cartellini come tabacco da sputare, sprezzante e provocatorio, a dispetto del nome. Invece quello che ti piazza in faccia Fabiano Santacroce è un paio di grandi occhi neri sorridenti di uno che risponde al saluto con una bella faccia pulita da ragazzo di 22 anni che sta vivendo un sogno sul serio. Il massimo della trasgressione è una sua ammissione: “Sì, in campo sono un rompicoglioni, uno che si appiccica alle caviglie del centravanti e magari gli fa scappare anche la pazienza” . E dunque eccolo qui il giovane difensore del Napoli, italo¬brasiliano, molto italo e poco brasiliano per la verità ( « Non chiedetemi di parlare portoghese perché mi mettereste in difficoltà » ) , chiamato da Lippi nella sua nazionale allargata. Non bastava la novità in sé. Intorno a Santacroce, nero brianzolo- napoletano, si è costruito subito un piccolo cortocircuito, trasformandolo, in nome del politicamente corretto, in una risposta al razzismo sempre più esibito nel nostro Paese. Lui, con fresca innocenza, ha dato la più bella risposta possibile: “Io sono italiano, non so cosa dire di più. E molto felice di essere qui. E’ una questione questa del razzismo che ho sempre vissuto poco, per fortuna. Forse da ragazzo qualche testa matta l’ho incontrata. Ma gli ho dato sempre poco peso. E io, più che mettermi a ridere davanti a chi ha questo problema non so che fare. Ora poi che sono un privilegiato non ho avuto bisogno di reagire. In serie A mai trovato uno scorretto, un provocatore. Piuttosto io devo migliorare molto sul piano del comportamento”.
Ecco dunque a voi Santacroce, simpatia naturale, a proprio agio tra taccuini e telecamere, pronto a dire la verità, tutta la verità, solo la verità su se stesso e sul Napoli: “ No, non mi aspettavo questa chiamata. Anche perché il mio inizio di stagione non è stato un granché. Merito del Napoli se io e Maggio siamo in nazionale. Il mio punto debole sono i cartellini: troppi. Pago la mia inesperienza e anche qualche valutazione sbagliata “. Difficile dare addosso all’arbitro che lo ha cacciato, la scorsa stagione, quando con l’Under 21 il difensore affrontò le Faroe, un rosso da 5 giornate: « Il bello è che mi feci male io... ». Si gode il sole di Firenze, Santacroce, la curiosità dei compagni, le carezze di Cannavaro. E lui non può trattenersi: « Se penso che sono qui, con Fabio, con Zambrotta, miei idoli... Voglio imparare tanto. E c’è sempre il discorso di Cannavaro che torna a Napoli. Io e lui coppia centrale! Un sogno ». Il capitano azzurro ha appena finito di parlare bene di lui, lamentando la crisi tecnica dei difensori italiani. Santacroce va di slancio: « Io amo troppo il mio ruolo, mi piace troppo impedire all’attaccante di segnare, sfruttando magari la mia qualità migliore, l’anticipo. Io sarò sempre difensore! » .
Un punto di forza di questo Napoli sempre più ambizioso: « Mi piacciono i napoletani, anche la loro pressione. Ma se mi chiedete se siamo da scudetto dico no. Andiamoci piano, dobbiamo migliorare. La ferita della Uefa è aperta. Ci tenevamo. Vogliamo riprovarci. Intanto cercheremo di battere la Juve. Possiamo farcela. A patto di migliorare in difesa. Prendiamo troppi gol ultimamente. Dobbiamo trovare continuità » . Parla tranquillamente, Santacroce, del suo padre brianzolo che lavora nell’editoria ( « Quanto ho letto... » ) , del cugino Alex Santos, figlio dello zio materno, che gioca nella nazionale giapponese (!) fino a vedersi a fine carriera: « Quando smetto prenderò una casa al mare » . L’azzurro del resto ce l’ha già addosso, due volte. Un colore da italiano.
Andrea Santoni
C.d.S.