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Lavezzi: “Basta un po’ di fiducia”
L’attaccante argentino guarda lontano e scommette sul futuro.

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19 Febbraio 2008 -- Sciò, sciò: ai pessimisti della prima e dell’ultima ora, agli scettici dell’ultimo mese e mezzo, ai diffidenti di sempre. L’ottimismo della volontà è un soffio d’entusiasmo sulle nuvole che sovrastano Castelvolturno, è un colpo d’ascia sulla tristezza che circonda il Napoli, è uno scatto d’energia per sentirsi sempre più Lavezzi e sempre meno cupo. «E’ un momento negativo, ma passerà». La Napoli di Lavezzi è una cartolina da inviare in giro per le case, stracciando in mille pezzi i fotogrammi d’un periodaccio da archiviare frettolosamente; il Napoli di Lavezzi è un futuro nel quale tuffarsi senza remore, sfidando le onde tempestose d’una stagione vissuta sempre sopra coperta: «Ma ora ne usciremo». Il Lavezzi napoletano è un’iniezione di fiducia per una città debilitata da due mesi contraddittori, è una spruzzata di solarità in un ambiente oscurato da una serie d’incidenti di percorso: «Io sono qui per crescere, per migliorare, per arrivare in Champions in breve tempo. Questo è il progetto del Napoli ma anche il mio. E Napoli deve fidarsi di noi. E’ vero che siamo in difficoltà, ma anche vero che andiamo alla ricerca della regolarità. I tifosi credano in noi, perché noi siamo convinti di poterli far felice » .

Castelvolturno è un set cinematografico, per l’ultimo animale televisivo d’azzurro vestito: cinque telecamere, giochi di luci e di ombre, lo scranno presidenziale requisito per una monografia come mai prima d’ora e per un Lavezzi senza veli, nudo nell’anima, un po’ scugnizzo ed un po’ attore per uno SpaccaNapoli ( Sky¬sport 1, ore 18.30) completamente suo. « Sono felice d’essere qui, anche se inevitabilmente mi tocca il paragone con Maradona: ma è inutile insistere, perché sono il primo a ritenerlo impossibile. Mi limito a dire una cosa: lui giocava al calcio, io corro dietro ad un pallone. La differenza è chiara? » . Il Lavezzi a tutto video è un dribblomane dell’ovvietà, è un debuttante con l’italiano ( «con il dialetto ancora non ci siamo» ) è un funambolo che schiva ogni cattivo presagio: il ko con l’Empoli è di là da venire, ma a montaggio eseguito val quello che l’argentino annuncia alla vigilia d’un flop inaspettato per quel Napoli in costruzione, per quel poco senza frontiere: « Il primo sogno, quello immediato, sono le Olimpiadi di Pechino con la Nazionale argentina; il secondo, quello in prospettiva, è la qualificazione in Champions con il Napoli » .

La Champions, l’Europa, il fuoco d’Olimpia: i paradossi d’un predestinato da regimentare, da abituare a un calcio e alle abitudini d’un Paese ancora sconosciuto; ma anche le sensazioni, gli affetti, la solidarietà espressa tout court per un un uomo divenuto fratello maggiore e padre, censore ed educatore: « Continuo a pensare che il futuro sia nostro. E sento che sarà anche mio. A me piace vivere in libertà per il campo, aver la possibilità di poter andare dove va la palla. E in questa squadra mi trovo benissimo, perché Reja è l’allenatore giusto, è colui il quale mi lascia la possibilità di esprimermi, mi consente di fare quello che voglio in campo». Il Napoli che soffre è uno spot da tener chiuso negli archivi, negli scaffali, nel sottoscala, in soffitta, ovunque ma non nell’immaginario collettivo catturato da un Lavezzi versione rabdomante: «Perché basta aver un po’ di fiducia in noi e la fiducia verrà ripagata. Sono qui per andare in Champions. Lo vuole la società, lo voglio io » . Sciò, sciò: la vita è un poco, la vita è un loco, la vita è rosa o azzurra.
A. Giordano
Fonte: C.d.S.