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Maradona chiede scusa agli inglesi
L'ex Pibe de Oro a ruolta libera sul "Sun": "Non posso cambiare la storia, ma se potessi farmi perdonare e tornare indietro, lo farei".

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01 Febbraio 2008 -- LONDRA (Inghilterra), 31 gennaio 2008 - Ci ha messo 22 anni, ma alla fine Diego Armando Maradona ha chiesto finalmente scusa agli inglesi per averli fatti fuori dai Mondiali del 1986 grazie alla famosa "mano di Dio". E' successo ieri e riportato oggi in un'intervista al tabloid Sun, nella quale il 47 enne campione ha anche rivelato di volersi trasferire in Inghilterra, di aver avuto contatti per allenare un club di Premier League e di considerare David Beckham un giocatore sopravvalutato.

MANO DE DIOS - Non solo. L'argentino ha poi parlato della Nazionale inglese, di Capello e di McClaren, oltre che dei suoi problemi con la droga e di come ne è uscito. Insomma, un Maradona a 360 gradi. "Nei giorni scorsi un tifoso inglese mi ha avvicinato e mi ha chiesto un autografo, dicendomi che sono una leggenda – ha raccontato Diego, con l'ausilio di un interprete - e questo mi ha fatto felice, perché voi siete un popolo davvero gentile e ospitale, a dispetto di quanto è successo fra i nostri Paesi. Se potessi scusarmi e tornare indietro, lo farei, ma un gol è sempre un gol e grazie a quello l'Argentina ha vinto il Mondiale e io sono diventato il miglior giocatore al mondo. Non posso cambiare la storia, tutto quello che posso fare è andare avanti".

MARADONA INGLESE - Durante i suoi 4 giorni sul suolo inglese, il fuoriclasse è stato ospite del Chelsea, dove ha incontrato Claude Makelele e parlato con Avram Grant, ha assistito alla sfida fra Manchester United e Tottenham di FA Cup e a quella di campionato fra Arsenal e Newcastle. "Sto cercando nuove opportunità in qualunque posto mi venga offerto un lavoro ed è vero che sto pensando di trascorrere molto più tempo in Inghilterra e che voglio vedere il maggior numero possibile di partite nei prossimi mesi. Ci sono stati dei contatti informali per una possibile panchina in Premier League, ma la mia presenza qui di questi giorni non ha nulla a che vedere con questo e fino a quando non c’è un contratto vero e proprio, non posso dire altro".

BECHKAM BOCCIATO - Interrogato invece su Beckham, non si fa pregare nel rispondere e le sue parole hanno l'effetto di una freccia al curaro: "E' un buon giocatore, nulla di più. Ha un bel tiro dalla lunga distanza, ma non è un campione e non appartiene al gruppo dei fuoriclasse, perché nel mondo ci sono centinaia di Beckham che giocano a calcio. Comunque, è un tipo simpatico e sono sicuro che raggiungerà le 100 presenze con la Nazionale". Inevitabile, dunque, un commento sui Tre Leoni. "Sono rimasto molto sorpreso della mancata qualificazione agli Europei. Attualmente, in Inghilterra ci sono giocatori che sono stelle di prima grandezza nei loro club, ma che non riescono ad esserlo in Nazionale. E' difficile da spiegare, ma credo si tratti di un problema mentale. Capello dovrà lavorare prima su quello e poi pensare alla tattica, anche perché i giocatori bravi ci sono. A mio parere, John Terry dovrebbe essere capitano e il portiere dovrebbe farlo Robinson. Ecco perché Steve McClaren è stato un incapace: lasciar fuori Robinson contro la Croazia è stato un grandissimo errore. Lui non avrebbe mai fatto la 'papera di Carson".

BASTA DROGA - L’ex "Pibe de Oro" ha poi affrontato un argomento delicato, ovvero i suoi demoni personali che lo hanno reso schiavo dell'alcool e della droga per più di un decennio, portandolo a un passo dalla morte (nel 2004 fu colpito da un attacco di cuore e andò in coma). Ora, però, il campione sostiene di essere pulito e di non toccare cocaina da tre anni. "Quando ero in coma in ospedale, mia figlia Dalma era al mio capezzale e mi sussurrava di vivere, di farlo per me. Ho sentito le sue parole e mi sono svegliato. Sono state le mie figlie a salvarmi perché mi hanno fatto capire quanto tempo della loro vita avessi perso per colpa della droga. E se non avessi mai fatto uso di cocaina sarei stato anche tre volte migliore come giocatore e non sarebbe necessario fare alcun dibattito su chi sia il più bravo al mondo, se io o Pelé, perché tutti direbbero il sottoscritto. Quando ero nei miei periodi peggiori, ero capace di sniffare coca e bere whisky per tre giorni di fila, dormire per un giorno intero, ricominciare con la cocaina e giocare poi la domenica. Mia figlia Dalma è cresciuta sapendo che suo padre era un tossicodipendente. La cocaina ti fa perdere i contatti con tutto, perché ne hai bisogno in ogni momento. Ho pensato di uccidermi diverse volte, ma poi mi venivano in mente i visi delle mie figlie e posso davvero dire che è grazie a loro se oggi sono ancora qui”.

A cura di Simona Marchetti (Gazzetta dello sport)