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Napoli, muro da ricostruire
La difesa era stata il punto di forza nelle prime cinque gare. Contro Genoa e Inter quattro gol presi ed errori in fotocopia

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08 Ottobre 2007 -- Il muro, quell’ambaradan sistemato dinnanzi a Iezzo e prim’ancora pure davanti a Gianello, all’improvviso veniva giù: un colpetto secco di Paolo Cannavaro, per cominciare a sgretolarlo, una capocciata perfida e letale di Sculli per continuare; poi el jardinero, l’uno- due per certificare che il muro non c’era più. Cinque domeniche per costruirsi una credibilità e centottanta minuti per demolirla: ricominciare, a quel punto, diveniva un’esigenza. Dov’era il bunker, cosa era stata di quella fortezza inespugnabile, come mai s’era dissolta nel nulla quella muraglia umana, quell’esercito di corazzieri sistemati in difesa? Il Napoli di Milano, come il Napoli con il Genoa, denunciava leggerezze sino a qualche settimana sconosciute e per capire dove fossero sorte le amnesie, poteva risultare inutile guardarsi dentro. Meglio guardare il televisore, avviare il videoregistratore, sistemare la cassetta e osservare con attenzione.

Fuorigioco - Napoli- Genoa, 12 ° minuto, l’attacco dei rossoblù sfondava sulla sinistra partenopea, dove Leon aveva trovato il varco in apparente fuorigioco: già, apparente, perché intanto dall’altra parte, sull’estrema destra della linea difensiva, Cupi ignorava il passettino decisivo per mandare in off-side l’avversario. Inter-Napoli, 36°, identica scena se non fossero cambiate le maglie: i nerazzurri che affondavano sulla zona mancina avversaria, il lancio pieno a tagliare di Stankovic - nello spazio - per Cruz, rimasto libero e attivo dall’appannamento di Grava, immobile come una mummia. Sei giorni per incappare nell’identica disattenzione, sei giorni per ritrovarsi ancora e fatalmente incollati all’erba.

Un uomo solo- E poi: vabbé, il talento di Ibrahimovic, ma nell’ 1- 0, fatale diveniva la chiusura a tre ( Contini- Cannavaro- Domizzi in uscita libera), determinante per l’assist a Cruz, intanto isolato, impossibile da recuperare per la diagonale di Savini. A rivedere il 2- 1 del Genoa della settimana precedente, il numero di Borriello su Cannavaro, Domizzi e Savini disperatamente ad occupare in tandem lo spazio sul primo palo e nessuno che invece s’industriava per scalare su Sculli. Le fotocopie degli ultimi due Napoli rappresentavano colpi bassi inferti su quella muraglia allestita tecnicamente un anno fa, strutturando la formazione per la B, e rielaborata in avvio di stagione, attraverso quel pacchetto capace di rimanere imbattuto per oltre quattrocento minuti. Il bunker diveniva cenere, così d’incanto, e dei primati, della affidabilità, della sicurezza, restavano pallide tracce, rimaste ingabbiate nella memoria. Quattro reti in appena due gare, in centottanta minuti, dopo che per cinque giornate s’era avuta di nuovo percezione dell’esistenza granitica d’un settore ritenuto portante. E a Milano come con il Genoa, con Ibrahimovic come con Sculli, il muro mostrava crepe: turn over inutile per quel Napoli friabile. Incredibile a dirsi. L’autogol di Cannavaro e la prima rete di Cruz sono nati dalla stesso errore nel far scattare la trappola dell’off side Tutti su Ibra lasciando un uomo libero in area La stessa sbavatura propiziò il raddoppio di Sculli.

Antonio Giordano
Fonte: Corriere dello Sport