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C'era una volta il tifo amico
I ricatti alla società, gli atti di teppismo, le multe salate. Una parte del pubblico è diventata un nemico del Napoli

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27 Novembre 2002 -- E' vero, chi paga il biglietto ha diritto di protestare se lo spettacolo che riceve in cambio non è di suo gradimento.
Nel calcio, però, questa regola che vige da sempre nel mondo dello spettacolo assume talvolta connotati che ne stravolgono il significato.

E' di ieri la notizia dell'incontro tra la delegazione degli Ultras della Curva B e l'avvocato Ambrosio, dirigente accompagnatore del Napoli: i rappresentanti di una parte del tifo organizzato intendevano chiedere a Naldi il licenziamento del tecnico, quale unica condizione per far cessare la contestazione che da qualche settimana accompagna le gare del Napoli.

In questi termini, la richiesta degli ultras suona come un vero e proprio ricatto, nei confronti del presidente: o cacci il tecnico o noi continuiamo a fare casino, come già accaduto contro il Lecce con il lancio di frutta e verdura all'ingresso delle squadre in campo durato per tutta la gara.

Anzi, gli esponenti del Gruppo Ultras, innervositi dall'assenza di Naldi all'incontro (l'imprenditore era a Roma, ufficialmente per questioni di lavoro) e dall'indisponibilità societaria ad accettare la richiesta di licenziamento del tecnico, hanno minacciato di estendere la contestazione anche al presidente, rifiutando l'invito alla calma avanzato dalla società.

Fermo restando che ciascun individuo o gruppo può avere una opinione sulla crisi del Napoli e sollecitare una soluzione anzichè un'altra, quello che lascia perplessi è la pretesa da parte di questo gruppo organizzato di interferire così pesantemente nelle scelte societarie, e anche di arrogarsi il diritto di parlare a nome di tutto il tifo azzurro.
Del resto, altri esponenti dei gruppi organizzati hanno espresso parere contrario all'esonero del tecnico appuntando invece le critiche alla squadra.

Resta il fatto che chiedere l'esonero dell'allenatore può essere una richiesta legittima da parte dei tifosi, ma vincolare la scelta societaria al perdurare della contestazione (se questa assume forme deprecabili e connotati violenti) è un'opera che rasenta il ricatto.

Il fatto è che nel mondo del pallone il tifo organizzato ha un grosso potere in mano che - si badi - non è tanto quello del comprare il biglietto e l'abbonamento, quanto piuttosto quello di pesare nella colonna delle uscite in una società sportiva.

Basta un petardo lanciato in campo, una bottiglietta, un atto di teppismo più o meno grave e la società subisce pesantissime e salatissime multe dal giudice sportivo.
In un altro servizio dimostriamo come le intemperanze dei supporter più esagitati siano costate 83.500 euro al Napoli, pari ad oltre 150milioni delle vecchie lire.

Anche per questo Naldi nelle sue dichiarazioni di lunedi aveva invitato i teppisti a restare a casa. Del resto, un presidente che si rispetti non può in alcun modo accettare un diktat da parte di un gruppo di ultras sulla gestione tecnica e societaria, altrimenti apparirebbe come un "re travicello" ostaggio dei tifosi.

Dopo questa scelta, c'è da scommetterci, il presidente dovrà prepararsi a pagare nuove salatissime multe per le intemperanze del gruppo organizzato, a partire dalla gara di venerdi.

L'ultima retrocessione in serie B fu caratterizzata dall'annuncio del licenziamento di Zeman in diretta televisiva da parte di un noto "capotifoso" partenopeo (adesso divenuto conduttore televisivo): non vorremmo rivivere la medesima situazione con i medesimi catastrofici esiti, sia sul fronte sportivo che su quello della credibilità societaria.

Resta, infine, la domanda: ma tutto questo fa bene al Napoli?