Il Napoli ed i suoi problemi.
21 Marzo 2007 --
Cannavaro-Un momento di rabbia, d’amarezza. La sostituzione presa come offesa. Anzi, come un’ingiustizia. Inattesa e quindi ancora più cocente. «Io? Perché proprio io?», dev’essersi chiesto il difensore azzurro tagliando il prato per andare via. E giù l’imprecazione contro Reja. Chiara e volgare. Dura e profonda come il pentimento d’un minuto dopo. Non gli fosse stato negato il diritto di parlare, Cannavaro avrebbe spiegato. Avrebbe detto, forse, che era stato un cedimento alla delusione. E, scusandosi, avrebbe aggiunto che certi comportamenti non fanno parte della sua educazione di uomo e calciatore. Giusto. Però l’ingiuria all’allenatore è forse anche qualcosa in più. È il sintomo d’una tensione che attraversa tutti, non solo Cannavaro, e che per questo diventa pure un caso. Questione di disciplina e di rispetto. Questione di gerarchie da rispettare, ma anche di ruoli che non sempre sanno imporre l’autorevolezza necessaria. D’ora in avanti, però, le cose cambieranno. Niente più finti sorrisi, accomodamenti o sconti. D’ora in avanti tolleranza zero contro i contestatori. L’invettiva di Paoluccio Cannavaro, insomma, dovrà restare l’ultimo esempio d’una lunga serie d’insofferenze, d’«ammutinamenti», di voci alte nello spogliatoio, di confronti aspri. Capita dappertutto, questo è vero, però nel Napoli quest’anno è accaduto e accade troppo spesso. Segno che qualcosa non funziona nel corretto rapporto squadra-allenatore. Qualcosa si può fare? Sì. E forse lasciando che squadra e allenatore ieri si confrontassero da soli s’è già cominciato a farlo.
Bogliacino - Ha ceduto di botto. All’improvviso Bogliacino non ce l’ha fatta più. Troppa la fatica accumulata. Troppa soprattutto in rapporto a quello che il suo fisico può dare. Bogliacino, infatti, tra gli azzurri è colui che alla fine d’ogni gara risulta aver speso sempre più energie. È il giocatore che più d’ogni altro dal campo esce distrutto. Per questo, per recuperare, a volte alla ripresa degli allenamenti gli viene riservato un lavoro più leggero. Ventisei presenze e ventisei volte titolare, Bogliacino. E non è un caso, perché il ragazzo d’Uruguay è l’unico veramente insostituibile della formazione azzurra. L’unico, perché è quello di maggiore qualità. Eclettico. Capace di difendere e attaccare, di suggerire e di fare pure gol. Non sarà un fenomeno, però nel suo ruolo, quello d’interno di sinistra, nel Napoli non ha alternative. Tant’è, che se viene meno lui ne risente tutto il centrocampo. E la ricaduta è immediata anche sulla difesa e sull’attacco. Il cedimento di Bogliacino (che non è l’unico, comunque), però, a pensarci bene, non è stato poi tanto sorprendente. Dopo la gran partita con lo Spezia, infatti, una inarrestabile discesa. Prima col Rimini, poi contro il Vicenza, infine col Crotone. Doveva essere fermato e invece è stato rispedito in campo. Un errore grave, ma anche una lezione: d’ora in avanti il Napoli dovrà prestare più attenzione alla preparazione e alla condizione d’ogni azzurro. E in campo dovrà andarci solo chi fisicamente darà più affidamento.
Cristian Bucchi-. Il caso per eccellenza. Il dubbio. La contraddizione. Soprattutto la sorpresa. L’ultimo re del gol della serie B, l’ingaggio più oneroso, la novità più attesa, la speranza più speranza messo in discussione. Ventitré presenze e 21 volte da titolare, 2 volte subentrato e 12 sostituito, 8 gol due dei quali su rigore, una valutazione-rendimento che resta al di sotto della sufficienza: sono questi i numeri e i giudizi a due terzi di stagione. Bilancio deludente. No, Bucchi può essere felice. E chissà quante volte si sarà chiesto pure lui le ragioni di tanto patimento. E allora, perché è diventato «il» caso azzurro, questo giovanotto? Perché non s’è ambientato, forse? Difetto d’integrazione, oppure gli è solo capitata una stagione storta? E se invece c’entrasse il fisico, la preparazione? Non è forse vero che Bucchi spesso sembra incollato al prato, che sembra faticare nello scatto, nella rapidità che invece resta sempre l’arma migliore d’ogni centravanti? E se dipendesse invece, o almeno in parte, dal turn over? O è disegno tattico che non asseconda le sue qualità? E Reja cosa farà: fiducia ancora a Bucchi, oppure lo rimetterà in panchina? Mille domande, una risposta sola: il Napoli che aveva puntato soprattutto sui suoi gol per la promozione, per adesso si ritrova con un problema grosso e dispendioso. Grosso nell’immediato perché i suoi gol restano necessari, dispendioso perché, oggi già trentenne, Bucchi ha un contratto con il Napoli che scade a giugno del 2011, quando di anni ne avrà più di trentaquattro. Un caso, dunque, Bucchi. E, purtroppo, anche una preoccupazione.
Fonte: Il Mattino